mercoledì 27 febbraio 2008

Il Raw: questo sconosciuto!

Posto un interessante articolo di Agostino Maiello sull'argomento

Quando premiamo il pulsante di scatto della nostra fotocamera digitale, il sensore raccoglie della luce e la converte in un segnale elettrico che passa poi ai circuiti interni della fotocamera. Questi circuiti elaborano il segnale sottoponendolo a diverse operazioni che determineranno l'aspetto dell'immagine finale: colori, bilanciamento del bianco, riduzione del rumore, antialiasing (per prevenire lo scalettamento dei bordi), gamma tonale; nonché contrasto, nitidezza, saturazione e così via (secondo i valori di fabbrica oppure quelli impostati dal fotografo sulla fotocamera). Infine, il tutto viene compresso e salvato in un file JPEG.
La maggior parte delle fotocamere in commercio fa un buon lavoro, e se non si è invitati ad esporre al MOMA né si vince il premio Pulitzer difficilmente la colpa sarà dell'aver scattato in JPEG anziché in RAW. Ma ciò non toglie che, appunto, il file JPEG non è tanto "la foto che abbiamo scattato", bensì "la foto che abbiamo scattato interpretata secondo i parametri di fabbrica decisi dal produttore", fatta salva la ridotta personalizzazione che possiamo ottenere agendo, prima dello scatto, sui parametri disponibili nella fotocamera. Esiste una soluzione a tutto questo? Certo, scattare in formato RAW. 
RAW è un termine inglese che significa "grezzo", "non elaborato"; sintetizzando al massimo, i dati così come escono dal sensore vengono salvati in un file senza subire tutti i trattamenti sopra menzionati, che possono invece essere applicati in fase di postproduzione, ampliando notevolmente le possibilità creative del fotografo.
In realtà alcune operazioni vengono comunque effettuate (come esempi si possono citare, tra i più frequenti, la riduzione del rumore, o l'individuazione di eventuali pixel troppo chiari o troppo scuri nell'immagine), ma il grosso viene demandato alla postproduzione, da farsi su un computer con un apposito software: un binomio sicuramente più potente di quello che si possa incorporare all'interno di una fotocamera, anche la più evoluta.


PER UN PUGNO DI PIXEL
Molte fotocamere - quale più quale meno - tendono a generare dei file JPEG saturi e brillanti, dal forte impatto immediato; questo significa che ai dati RAW è stata applicata, tra le altre cose, una curva di contrasto piuttosto esasperata, comprimendo la gamma tonale dell'immagine (e scartando un bel po' di informazioni). Certo, molto spesso il fotografo farebbe la stessa cosa, ma non sarebbe male poter decidere quali sono i dati cui si rinuncia per aumentare il contrasto di una foto, anziché lasciar fare ciecamente ad un ingegnere giapponese che non ci ha mai visto in faccia. Oltre a questo bisogna considerare che la conversione dal segnale da analogico (la tensione elettrica) a digitale (un numero) avviene considerando, per ogni pixel, un certo numero di, diciamo così, sfumature possibili, a seconda dei bit utilizzati: è questo il significato delle sigle tipo "ADC 12 bit" o "A/D 10 bit" che leggiamo nelle schede tecniche delle fotocamere digitali (ADC sta per Analog-to-Digital Converter). Volendo semplificare, più è alto quel numero più è precisa la conversione del segnale da analogico a digitale; il rovescio della medaglia è che più sono i bit, più è gravoso il lavoro che il convertitore deve fare, quindi la fotocamera è più lenta, si consuma più energia, ed il file risultante è di maggiori dimensioni. In generale il campionamento avviene a 12 o 14 bit, un buon compromesso tra precisione e carico di lavoro risultante. E poiché il formato JPEG supporta 8 bit per pixel (stiamo semplificando per non appesantire il discorso, ma il concetto è questo), nel passaggio da RAW a JPEG si rinuncia ad una discreta fetta delle informazioni raccolte dal sensore; all'atto pratico, ne fanno le spese i passaggi di colore, che perdono di gradualità, e la resa dei dettagli più fini.
In generale, lavorando in RAW si riesce a recuperare almeno uno stop abbondante di gamma dinamica, ed i vantaggi appaiono ancora più evidenti se a tutto questo si aggiunge la possibilità di poter intervenire sull'esposizione in maniera molto più ampia rispetto a quanto si possa fare con il JPEG, continuando ad avere sempre a disposizione il file originale, intonso. Non ultima va segnalata la preziosa possibilità di poter impostare il bilanciamento del bianco dopo lo scatto, con la precisione consentita da un software e non con i rigidi valori preimpostati nelle fotocamere quali Luce Diurna, Tungsteno, e così via. 
Tutto questo, beninteso, non vuol dire che se si scatta in RAW si possa esporre alla come viene viene ("tanto poi lo aggiusto in software"): quanto meglio si lavora prima dello scatto, tanto meno si dovrà sudare dopo per tirar fuori una bella foto.
Tirando le somme, si dovrebbe sempre e comunque scattare in RAW? Non ci sentiamo di affermarlo. Gli anglofoni dicono "
no meal is for free", nessun pasto è gratis. Vediamo gli svantaggi del RAW:

  • i file sono molto più grandi: dunque ce ne vanno molti di meno sulla scheda di memoria;

  • i file sono molto più grandi: dunque la fotocamera ci mette più tempo a scriverli sulla scheda di memoria;

  • i file sono molto più grandi: dunque il computer ci metterà molto più tempo ad elaborarli, e vi serviranno ancora più DVD per l'archiviazione;

  • un file RAW senza postproduzione è come uno spartito senza pianoforte: potenzialmente un capolavoro, ma in pratica ci si può fare ben poco. Un JPEG, invece, è bell'e pronto, e richiede molto meno tempo di un RAW per essere inviato ad una stampante o per email o pubblicato online;

  • la postproduzione bisogna saperla fare, altrimenti tanto valeva affidarsi al JPEG prodotto dalla fotocamera.

Dunque, come spesso avviene non esiste una risposta univoca alla questione; RAW e JPEG sono due strumenti, e sta alla saggezza del fotografo scegliere di volta in volta quale utilizzare soppesando pro e contro in base alle proprie esigenze relative alla qualità richiesta, ai tempi di consegna, alla destinazione dell'immagine finale, e così via.


UNA VOLTA QUI ERA TUTTA CAMPAGNA...
Prima di procedere, sgombriamo il campo da alcuni luoghi comuni.

  • "Le foto in RAW sono di migliore qualità". Falso. Un'immagine RAW non è né migliore né peggiore, è solo un insieme di dati che ha bisogno di un certo lavoro di postproduzione per raggiungere un risultato reputato adeguato, e che a differenza di un'immagine in JPEG consente molta più libertà di intervento. Sempre che, lo ripetiamo, si sappia poi dove mettere le mani in postproduzione;

  • "Le foto in JPEG sono di qualità inadeguata". Falso anche questo. Se il sistema di elaborazione interno della fotocamera fa un buon lavoro, il JPEG, diciamo così, "di fabbrica", va benissimo anche per stampe in formato poster e, per il punto precedente, le foto JPEG non sono direttamente confrontabili con quelle RAW (in un certo senso è come confrontare un negativo con una stampa);

  • "Chi scatta in JPEG fa fare tutto alla macchina". Falso in linea generale, perché se si conosce la risposta della propria fotocamera, come un tempo si conoscevano pellicola ed obiettivi, si può ottenere ciò che si vuole anche lavorando in JPEG. Anzi, conoscendo i limiti della propria attrezzatura si può decidere coscientemente se sia necessario scattare in RAW oppure no;

  • "Scattare in JPEG è come gettare via i propri negativi". Vero (ehi, non avevamo mica detto che avremmo smontato tutti i luoghi comuni);

  • "Chi scatta in RAW ha tempo da perdere". Falso in linea generale; se si scatta in RAW per partito preso, e poi dopo ore davanti al computer ci si ritrova con un risultato equivalente a quello che avrebbe prodotto il JPEG della fotocamera, si sta effettivamente perdendo tempo; ma se si scatta in RAW con coscienza, sapendo che cosa si vuol ottenere e sapendo operare in postproduzione per ottenerlo, si sta lavorando bene.


A CIASCUNO IL SUO (RAW)
Molti definiscono il RAW il "negativo digitale", ed a ragione, perché in effetti l'immagine RAW, non subendo alcuno dei processi riferiti poc'anzi, è di fatto influenzata solo da tempo, diaframma e sensibilità impostata. Tutto il resto può essere deciso dopo, usando un programma apposito che gestisca i file RAW, proprio come quando, avendo un negativo a disposizione, si può decidere di stamparlo, e quindi interpretarlo, come meglio si crede.
A questo punto è il caso di dire che noi stiamo usando il termine generico RAW, ma non tutti i file RAW sono uguali; o, se preferite, non tutti i file RAW hanno l'estensione RAW, proprio perché, essendo intimamente legati allo specifico modello di fotocamera che li ha prodotti, non sono tutti dello stesso tipo. In altre parole, non esiste "il" formato RAW in senso stretto (come invece esiste "il" formato JPEG), bensì esistono i file RAW della Nikon D80, quelli della Canon 5D, della Olympus E-500, e così via. Questo vuol dire che un programma che gestisca i file RAW, programma che di solito si definisce "convertitore RAW", deve supportare ogni specifico modello di fotocamera. Nel resto dell'articolo, comunque, continueremo ad usare il termine "file RAW" riferendoci in modo generico ai file di tipo RAW, qualunque ne sia l'estensione (NEF nel caso di Nikon, ARW nel caso di Sony, ecc.).
Esiste una soluzione a questa Babele di estensioni? Sì, il formato DNG, sigla che sta per Digital Negative; sviluppato da Adobe, si propone di diventare il formato RAW universale, unificando in un'unica specifica liberamente utilizzabile i vari formati RAW in circolazione (un po' come il PDF è diventato lo standard per la distribuzione dei documenti). Al momento in cui scriviamo, però, la gran parte dei produttori di fotocamere, compresi i due pesi massimi Canon e Nikon, continua ad adoperare i formati RAW proprietari. Vedremo il futuro cosa ci riserverà.



"ESCI DA QUESTO CORPO (MACCHINA!)"
Un convertitore RAW è presente in ogni fotocamera: è per l'appunto la componente che si occupa di prendere i dati grezzi ed ottenerne un'immagine JPEG, se abbiamo impostato la fotocamera per lavorare in questo modo. Il suo compito principale, oltre a tutte le altre operazioni citate all'inizio dell'articolo, consiste in quello che si chiama "demosaicing", cioè il (ri)costruire l'immagine finale partendo per l'appunto dai dati grezzi forniti dal sensore. Un altro convertitore RAW, oltre a quello incorporato nella fotocamera, è spesso fornito in dotazione su un CD (con l'ovvia eccezione delle fotocamere, di solito le compatte, che non consentono di scattare in RAW); infine, nulla vieta ad aziende e singoli sviluppatori di creare ulteriori convertitori RAW, scegliendo di supportare queste o quelle fotocamere.
Poiché esistono diversi algoritmi utilizzabili per l'operazione di demosaicing, ogni convertitore RAW interpreta i dati alla sua maniera, e da ciò dipende una certa variabilità dei risultati. In un certo senso si può dire che ogni convertitore RAW abbia una propria "personalità", ed una volta presa confidenza con questo mondo non è una cattiva idea provarne diversi fino a trovare quello che più si confà alle proprie esigenze. Peraltro, è presumibile che col tempo la qualità dei convertitori RAW migliori, visto che aumenta l'esperienza di chi li sviluppa; sarà dunque possibile beneficiare di questa migliore qualità anche sui file RAW vecchi, proprio come, ad esempio, si può stampare un negativo di vent'anni fa sfruttando nuovi chimici e nuovi obiettivi da ingrandimento.


Agostino Maiello

Fonte: Nadir

martedì 26 febbraio 2008

Meglio Adobe RGB o sRGB?

Molti si chiedono in quale spazio di colore sia meglio lavorare quando si tratta di editing di una fotografia in formato digitale. La risposta corretta secondo me é Adobe RGB (e non sRGB). (fulmini e saette!)

Molti mi staranno maledicendo o apostrofando come eretico, altri invece diranno che chi usa, come spazio di colore l'Adobe RGB e non ha un monitor Lacie da almeno 2000€ perde il suo tempo ed é un illuso. Invece é facile dimostrare che scegliendo lo spazio di colore giusto (che non significa avere il monitor super-calibrato), é possibile indirizzare il lavoro di post-scatto verso la massima qualità digitale.

Mi spiego meglio. Prendo come immagine di riferimento questa (gentilmente fornitami dall'amico Jul):


Apparentemente editare la suddetta lavorando in Adobe RGB o scegliendo (come impostazioni di colore di Photoshop) l'sRGB sembra essere uguale; forse pochissimi, con occhi e monitor migliori di altri, potrebbero cogliere tutta la profondità di colore differente nei due spazi. Attenzione però, vedere l'informazione di una foto per editarla al meglio non ha nulla a che vedere con la grandezza del file o con la sua qualità! Quindi dove sta il problema? Il problema sta nel fatto che quando editiamo una foto possiamo inavvertitamente sopprimere dell'informazione abbassando la qualità dei successivi processi (stampa della foto o pubblicazione sul web).

Secondo me usare lo spazio di colore Adobe RGB permette di non cadere in questo frequente errore. Infatti l'esempio che segue dimostra che c'é più informazione visibile nell'Adobe RGB che nell'sRGB. Prendiamo l'immagine di prima e visualizziamo solo il canale blu (ricordate che le immagini sono sempre B&N, sono i processori che generano i colori!), cosa otteniamo:

con Adobe RGB:


mentre con sRGB:



È facilissimo rendersi conto di quanta informazione in più ci sia nella prima immagine. Questo dimostra che l'sRGB é solo un sottospazio dell'Adobe RGB! Quindi lavorare con quest'ultimo consente di "vedere" più informazione nella nostra foto. Molte macchine fotografiche permettono di sceglie tra questi due spazi di colore (ne esiste anche un terzo chiamato ProPhoto RGB, ma rarissimo ancora). Sono dell'avviso che é meglio "vederla" tutta l'informazione a 16 bits di una foto RAW (be vale anche per i JPG, anche se é sconsigliato editarli perché ad 8 bits - l'istogramma perderebbe troppe righe!).

Attenzione però! Quando pubblicate sul web, lo spazio di colore più comunemente impiegato dai browser é l'sRGB e le vostre foto verranno in qualche modo cambiate/alterate! Per adesso (anche se i browser si stanno evolvendo... lentamente) é meglio caricare le foto in sRGB. Per completezza aggiungo (a questo post) un esempio creato da Jul, su un PC con Explorer 7:




Inoltre sempre Jul (su Mac), mi ha fornito un altro esempio sulla stessa immagine in Adobe RGB vista da PS CS3, Safari e Mozilla:




Safari sembra comportarsi meglio, rispettando la fedeltà dei colori.

Purtroppo lo spazio di colore é un problema aperto in fotografia digitale, ma lavorare in Adobe RGB, permette un controllo effettivo sulla foto, evitando involontarie predite di qualità di quest'ultima.

Saluti!

P.S. Quanto detto non é solo frutto della mia mente malata, ma é anche supportato da fotografi che si occupano di fotografia digitale di alta qualità :-)

FONTE: LUCI E OMBRE

lunedì 25 febbraio 2008

Fuori dove?

Stavolta, con largo anticipo, vi segnaliamo un nuovo evento tutto italiano. Abitare il disagio mentale a 30 anni dalla legge Basaglia è il tema centrale di questo concorso di fotografia indetto dall’associazione TERRITORI col patrocinio della provincia di Milano. La prima edizione del concorso intitolato “Fuori dove?” sarà interamente dedicata al disagio psichico vissuto dagli individui.

I fotografi, amatoriali e professionisti, potranno dire la loro inviando le loro opere entro la mezzanotte del 12 Aprile 2008. Tutte le informazioni relative al concorso e alle modalità di partecipazione le troveretescaricando l’apposito bando. Il 17 maggio si terrà la premiazione in denaro secondo questa scaletta:

1° classificato : 1.000 euro
2° classificato : 500 euro
3° classificato : 200 euro

Via | Menteinsalute.it

Il mondo contadino: tradizione ed innovazione

In occasione della 134esima edizione della Mostra Zootecnica di Bra, gli Enti organizzatori hanno indetto un concorso fotografico dal titolo Il mondo contadino: tradizione ed innovazione

Possono partecipare tutti gli amanti della fotografica (singolarmente o in gruppo) e in particolare il mondo studentesco con l'obiettivo di spingere i giovani più vicini al mondo contadino, ricco di storia e di valori. 

Le opere, massimo 3 per ogni concorrente, dovranno riportare a tergo: titolo, nome e cognome ed indirizzo dell'autore. La partecipazione e libera e gratuita. Il termine ultimo per la consegna è il 
15 marzo 2008

Il primo classificato riceverà in premio una 
telecamera digitale, al secondo andrà unamacchina fotografica digitale e il terzo classificato potrà godere di un week end in cascina

Per ulteriori informazioni visitare il sito 
www.comune.bra.cn.it 

giovedì 21 febbraio 2008

Premio Internazionale FotoGrafia-Baume & Mercier

E' ufficialmente cominciata la seconda edizione del Premio Internazionale FotoGrafia-Baume & Mercier. Da oggi fino al 6 marzo è aperta la selezione dei progetti fotografici da realizzare. In palio, la produzione della mostra e la partecipazione all’edizione 2009 di FotoGrafia.
Il tema di questa seconda edizione è "Il mio tempo ogni giorno”, che vuol’essere l’occasione di raccontare il rapporto con il tempo nell’espressione quotidiana, reiterata, minuta e, allo stesso tempo, eccezionale dell’unicità individuale, in linea con il tema di FotoGrafia 2008,“Vedere la normalità. La fotografia racconta il quotidiano”.
Anche per la seconda edizione del Premio sarà una giuria internazionale, presieduta da Marco Delogu, a selezionare il miglior progetto fotografico, in base all’originalità della proposta, al rigore nella ricerca artistica, alla qualità espressiva, all' innovazione nella forma e nel contenuto e infine alla sua fattibilità e aderenza ai requisiti espressi tra le modalità di partecipazione. Il vincitore del Premio verrà annunciato nell'ambito dell’inaugurazione di FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma 2008.
Per il bando baume-et-mercier.com

venerdì 15 febbraio 2008

POLAROID reinventa la...Polaroid

Roma - Proprio a ridosso dell'annuncio con cui ha decretato la fine delle sue famose macchine fotografiche istantanee,Polaroid ha svelato l'intenzione di lanciare una fotocamera che trasporta nell'era digitale un concetto molto simile a quello dello sviluppo istantaneo delle foto.
Stando a quanto rivelato a 
Amateur Photographer da Philippe Kalmbach, senior vice president e general manager di Polaroid Europe, la celebre società americana sta progettando una fotocamera prosumer con stampante integrata. Va sottolineato il fatto che la stampante non sarà una periferica esterna, come quelle annunciate da Polaroid lo scorso mese, ma farà parte dell'apparecchio fotografico.
Kalmbach ha spiegato che la stampantina integrata 
utilizzerà la tecnologia ZINK(Zero Ink Printing Technology) presentata da Polaroid allo scorso CES di Las Vegas. Al contrario delle tradizionali stampanti ink-jet o a sublimazione, quelle ZINK non utilizzano né inchiostro né nastri: i pigmenti sono contenuti, sotto forma di cristalli, nell'apposita carta fornita da Polaroid. Prima della stampa i cristalli sono perfettamente bianchi, e si colorano per mezzo di un processo termico.
Il fatto di non richiedere taniche di inchiostro o rulli per i nastri, permetterà a Polaroid di sviluppare stampanti così piccole e leggere da poter essere inglobate nello chassis di una fotocamera di classe bridge, ossia a metà strada tra una compatta e una reflex. Tali macchine saranno provviste di una fessura laterale, con due piccoli rulli motorizzati, dove infilare la carta. La stampa, secondo Kalmbach, non richiederà più di 30 secondi.
La prima fotocamera di Polaroid dotata di stampante integrata debutterà tra la fine di questo e l'inizio del prossimo anno, e 
dovrebbe costare tra i 200 e i 270 euro. Sarà in grado di accettare fogli in formato 2 x 3 pollici (circa 5 x 7,6 cm), ossia leggermente più piccoli di un tipico biglietto da visita. Per fortuna il produttore ha già in piano fotocamere capaci di stampare il formato 4 x 6 pollici (10 x 15 cm), oggi considerato il minimo indispensabile per godere di una foto. Difficilmente Polaroid potrà fornire, sulle proprie fotocamere digitali a stampa istantanea, formati più grandi: superare il classico 10 x 15 cm significherebbe progettare apparecchi dalle dimensioni titaniche.
Stampare ovunque e in qualsiasi momento è ancor oggi una caratteristica allettante, ma 
per quanto lo sarà ancora? Il diffondersi di dispositivi mobili con schermi sempre più generosi e di qualità, senza contare il boom delle cornici digitali,potrebbe allontanare sempre più i consumatori da carta fotografica e stampanti.
Restano tuttavia di indubbio interesse le 
stampanti ZINK portatili che Polaroid lancerà nei prossimi mesi: pur mantenendo dimensioni e peso assai inferiori a quelle di una tipica ink-jet portatile, saranno in grado di stampare formati da 8 x 10 pollici e superiori, e potranno collegarsi istantaneamente alle fotocamere per mezzo di un cavo USB o di Bluetooth.

Raduno mongolfiere


















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giovedì 14 febbraio 2008

Governo: chiarimento sulla fotografia dei beni culturali

Roma - In Italia chiunque può fotografare e riprodurre anche per fini commerciali qualsiasi opera o oggetto che ricada nella definizione di "Beni culturali". Lo ha affermato in modo esplicito il ministero dei Beni culturali nel rispondere allainterrogazione con cui il parlamentare ulivista Franco Grillini aveva chiesto spiegazioni, cercando una via per sbloccare l'empasse che condiziona anche istituzioni della rete come Wikipedia.
Il ragionamento di fondo è chiaro: non esiste una disciplina specifica nel nostro ordinamento, il che vuol dire che si può 
considerare diritto di chiunque riprodurre in fotografia soggetti come monumenti ed opere dell'architettura contemporanea, attività lecita in quanto non espressamente vietata.
Questo non significa mano libera su tutto, evidentemente. Il Ministero si sofferma in particolare sul 
pagamento dei diritti agli autori di opere contemporanee, ossia ad opere che non sono considerate beni culturali, e che hanno più di 50 anni. In quel caso il "faro" è costituito dal controverso addendum alla legge sul diritto d'autore che riguarda le opere degradate. Il Ministero spiega che le opere in forma degradatapossano essere riprodotte esclusivamente con finalità didattiche o scientifiche e mai per scopo di lucro. Visto il riferimento esplicito a Wikipedia nell'interrogazione, e vista la natura collaborativa del progetto enciclopedico, non è azzardato ritenere che la riproduzione di opere sull'enciclopedia online possa essere effettuata liberamente, sebbene in forma degradata.

sabato 9 febbraio 2008

POLAROID: ADDIO ISTANTANEE


NEW YORK - Dopo 60 anni il gruppo Polaroid dice addio agli apparecchi per le foto istantanee che aveva creato. Una fine annunciata e inevitabile: l'azienda - che aveva smesso di produrre macchine fotografiche per consumatori circa un anno fa - ha annunciato ieri la chiusura degli stabilimenti negli Usa, Messico e Olanda dove venivano prodotte le pellicole. La chiusura avverrà in tempi scaglionati tra il primo quadrimestre e la fine dell'anno.La Polaroid, a questo punto, punterà sul settore delle macchine digitali; nel 2001 aveva avviato le pratiche per la protezione dalla bancarotta ed era stata acquistata nel 2005 da una società privata di investimenti. L'azienda era nata nel 1937: all'epoca produceva lenti polarizzate a uso scientifico e militare. La prima Polaroid vera e propria che sfornava foto istantanee era nata nel 1948. 

Fondata da uno studente di Harvard, Edwin Land, che lasciò l'università a pochi mesi dalla laurea per creare la compagnia, la Polaroid è stata rilevata tre anni fa dalla Petters Group Worldwide. Il celebre modello Swinger, che costava 20 dollari, venne introdotto nel 1965 e divenne immediatamente popolarissimo. Nel 1972 testimonial d'eccezione per la macchina fotografica divenne Sir Lawrence Olivier, in una serie di pubblicità televisive che fecero storia. Negli anni '70 la Polaroid OneStep divenne il modello in assoluto più venduto di macchina fotografica. 

La linea delle istantanee potrebbe essere ceduta a terzi, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg; le pellicole già prodotte saranno comunque in circolazione fino al 2009.

Fonte: Repubblica

venerdì 8 febbraio 2008

CONCORSO MAGICO CARNEVALE


Domenica 17 Febbraio 2008
 
CONCORSO FOTOGRAFICO ESTEMPORANEO
 
ORGANIZZATO DAL PHOTOCLUB EYES BFI
 
IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE
 
MAGICO CARNEVALE 2008 "GIORNO DI NOZZE"

Regia artistica di Mario Lasalandra
 
 
 
 
 
ALLA MANIFESTAZIONE SARANNO PRESENTI:
 
Canon - Foto Dotti Digital Store
 
Bookshop di HF Distribuzione

mercoledì 6 febbraio 2008

Stock Photo

Dopo aver letto l'articolo precedente, per chi volesse approfondire, riporto sotto i link alle migliori agenzie di microstock per chi volesse provare a vendere le proprie foto o acquistarne.
Il funzionamento è simile per tutte, naturalmente non vi è nulla da pagare per iscriversi e vendere le fotografie, l'agenzia trattiene una percentuale sulle foto vendute, i pagamenti avvengono (preferibilmente con paypal) raggiunta una certa quota che va dai 50 ai 100 $. Inutile dire che per avere guadagni interessanti occorre mettere in vendita una grande numero di foto. Quasi tutte le agenzie propongono una sorta di test di ingresso dove bisogna inviare alcune foto per la valutazione, superato questo test si possono inviare le foto per la vendita che verranno comunque selezionate dai loro ispettori.

martedì 5 febbraio 2008

DOVE VA LA FOTOGRAFIA

Posto questo interessante articolo di Luca Pianigiani sul fenomeno della vendita di immagini stock a prezzi molto bassi. Manca la fotografia iniziale ma non riveste molta importanza. Buona lettura.

"Questa è una foto acquistata su iStockPhoto. Attenzione: abbiamo scritto "costa 1$" e non "vale 1$", perché in realtà vale molto di più. Una considerazione sulla quale meditare...



Questo è un argomento non facile. Che diamine, siamo a metà luglio, e forse avrebbe senso parlare di vacanze, di argomenti leggeri, magari filosofici, magari anche spiritosi. E invece sono i fatti che ci impongono di riprendere un argomento che spesso abbiamo trattato in convegni che abbiamo curato (come per esempio nell'ultima edizione di AdobeLive). E non lo facciamo per ripeterci, ma per approfondire ulteriormente l'argomento. Stiamo parlando della realtà della vendita di immagini stock a prezzi bassissimi, un meccanismo attivato (o quantomeno trasformato in caso mondiale) da Bruce Livingstone per iStockPhoto, un successo tale che ha portato nel 2005 il gigante Getty Images ad acquistarlo per 50 milioni di dollari.

Molti di voi conoscono questo sito, e quelli che sono nati sulla base del suo successo; per i pochi che ancora non lo sanno, basta dire che iStockPhoto propone fotografie a costi variabili tra 1 dollaro a una decina di dollari in funzione della risoluzione che si desidera scaricare. Sembra, agli occhi di molti, la morte della professione del fotografo, che ovviamente non può combattere sul mercato proponendo foto da un euro circa. Ma perché ne riparliamo oggi, proprio oggi? Perché, per esempio, potremmo dire che siamo stati ispirati da Fabrizio Corona, che tra le mille cose che sta dichiarando c'è anche quella che segnala di voler assoldare dilettanti dotati di fotocellulari per riprendere gli scoop durante le feste con vip. Ma non è così: quella che è stata la molla di questo Sunday Jumper è stata la presentazione, pochi giorni fa, del sito SnapVillage, creato da Corbis, altro gigante della vendita di immagini. Il quadro si fa più chiaro: si può anche dichiarare ciò che si vuole, ma il mercato dell'immagine trova nella metodologia dei micropagamenti una risposta efficace e di successo. Per chi? Beh... ecco... per parlarne, nella pratica e non in teoria, ho pensato di mettermi per una volta due cappelli in testa. E quindi di proporvi la visione da un lato e poi dall'altro. Mi aveva in passato affascinato la logica narrativa del libro "Il collezionista", che raccontava di un uomo squilibrato (forse lo sono anche io, ma non per i motivi del libro in questione) che rapiva una ragazza di cui era innamorato e provava, nel periodo di prigionia, a vedere dalle sue reazioni uno spiraglio di amore e di comprensione anche da parte sua. Il libro a metà si interrompe con la sua narrazione vista da parte del rapitore, e ricomincia mostrando la stessa situazione vista dalla rapita. Affascinante... di sicuro più di quello che posso fare io, ma spero di non annoiarvi.

Luca - versione fotografo professionista.

Non so se lo sono, probabilmente no, o almeno non del tutto: il mio fatturato annuale solo minimamente è legato alla vendita di fotografie scattate da me. Però... consentitemi di mettermi questo cappello per un attimo, perché di sicuro è il mestiere che avrei voluto fare sin da piccolo, perché da vent'anni collaboro e interagisco con i fotografi professionisti e quindi mi sento parte del loro mondo, perché comunque - pur in piccolo - produco foto che finiscono su prodotti editoriali, su brochure, su copertine di dischi, sul web.

Bene, se fosse la mia base di sopravvivenza, mi preoccuperei di "svendere" le mie fotografie a prezzi irrisori (una percentuale di 1 dollaro è davvero... un'inezia). Al tempo stesso, c'è una cosa che mi spaventerebbe di più: il fatto di non vendere per nulla, a nessun prezzo. Poco, quasi nulla... è sempre meglio di nulla. Certo, è argomento di scarso valore: guadagnare una percentuale di 1 dollaro al mese è come dire che è come guadagnare nulla. A quel punto, sembrerebbe meritevole mandare tutto al diavolo e pensare di aprire un chiosco di panini (citazione di uno degli ultimi Sunday Jumper, particolarmente apprezzato).

Il problema è che il calcolo viene fatto sempre su una singola unità, su un'unica azione di vendita. Se vendessimo 1000 foto da un dollaro all'ora... allora tutto cambierebbe, no? D'altra parte ci sono aziende che vendono prodotti dal bassissimo costo unitario (pensate ad una bottiglia di acqua minerale, oppure alle figurine Panini, o ancora ad un sms mandato da un cellulare: micropagamenti che, rivolti ad un pubblico enorme, generano tanto fatturato e spesso anche enormi utili).

Pensiamo ad un'altra cosa: il costo delle immagini, intendo la produzione, con il digitale si è praticamente azzerato. Certo, c'è il costo dell'attrezzatura, quello degli anni passati ad imparare, il tempo necessario per fare le foto... ma se le foto sono già state scattate e risiedono su un vostro hard disk... beh, una vendita esterna al nostro attuale potenziale e al nostro mercato corrisponde immediatamente ad un guadagno privo di spese e quindi tutto "utile".

Un'ultima cosa: abbiamo citato, durante un convegno di AdobeLive, il nome della fotografa che ha avuto maggiore successo al momento su iStockPhoto, una tale Lise Gagné che pur non famosa e nemmeno particolarmente "geniale", guadagna grazie ad iStockPhoto circa 125 mila dollari all'anno. E questo non le impedisce di realizzare lavori pagati di più per clienti esterni al mondo dell'immagine stock su Internet, però... forse molti di quelli che ci leggono, e che arricciano il naso per questa "volgarizzazione" del valore culturale e professionale della fotografia non raggiungono un fatturato uguale a quello di Lise Gagné, e quindi dovrebbero considerare che forse non è poi così svilente e specialmente stupido vendere le proprie immagini a cifre così irrisorie.

Luca, versione fotografo, non disdegna questo mondo, perché capisce che - se gestito in modo intelligente - può portare a buoni risultati. Non sono risultati semplici, perché è quasi ugualmente difficile vendere una foto a 1000 Euro quanto venderne, nello stesso tempo, 1000 foto ad 1 Euro, ma sono risultati raggiungibili, con impegno e sforzo, Ma, come promesso, ora mi tolgo questo cappello, e mi metto quello di chi ogni giorno acquista fotografie.

Luca - versione committente di fotografie

Bene, mi sono tolto il cappello di "fotografo" (così non faccio brutta figura), e mi sono messo quello di committente di fotografie. A volte, servono fotografie personalizzate: se bisogna fare un servizio ad un attore o ad un'attice in visita a Milano per la prima Europea del suo film, serve che qualcuno scatti le foto in questa specifica occasione. Se è necessario fare la pubblicità di una scarpa da tennis nuova, serve che qualcuno fisicamente la realizzi. In questi (e molti più) casi, la produzione dell'immagine richiede tempo, soldi e risultati di qualità. Lo stesso vale per le foto di un matrimonio, ovviamente: non si usano immagini stock per un album di matrimonio, o quantomeno non per quelle principali...

Se invece, come diceva l'amico fotografo Stefano Muscetti (quando ci si vedeva... bei tempi!), è vero che al mondo ci sono più foto di giaguari che giaguari vivi da fotografare... allora ha senso pensare che sono tantissime le applicazioni fotografiche che fanno e possono fare uso di immagini stock e che spesso non hanno un budget adeguato per una foto "d'autore". Al tempo stesso, la comunicazione fa sempre più uso di immagini, e lo farebbe ancor di più se il valore unitario di ogni singola fotografia fosse (come è su iStockphoto o su altri) di bassa entità. Si spende senza dubbio 1, 2, 5, 10 euro per una foto, anzi: si spende queste cifre ad ogni minuto del lavoro professionale, e quindi alla fine della giornata (della settimana, del mese, dell'anno) si comprano centinaia, migliaia di immagini che non si sarebbero comprate (e quindi vendute) alle tariffe standard.

C'è qualcosa in più, oltre al valore, capita a me, ma so che capita a tutti: si lavora con tempi stretti, spesso in orari fuori da quelli canonici. Avere uno strumento flessibile come iStockPhoto mi permette di acquistare immagini senza nemmeno pensarci, di trovare la soluzione in ogni minuto della giornata, di avere delle risposte chiare ed immediate. Tutto questo fa sì che "Luca-versione committente di fotografie" usi spessissimo strumenti come iStockPhoto e come me lo usano sempre di più in tutto il mondo. Se per un momento vi togliete anche voi il cappello di fotografi, e vi mettete dall'altra parte, forse per una volta potrete vedere che non è poi così sbagliato.

Non importa da che parte stiamo, però...

Io potevo anche evitare questo giochino del cappello: poco importa qual è quello che abbiamo in testa, né io né voi possiamo cambiare un'onda che è sempre più evidente, persino per le società che hanno i muscoli e la faccia giusta per vedere foto: Corbis ha fatto questo nuovo sito (SnapVillage... anche sul nome vi consiglio di riflettere, ingloba delle strategie molto forti), e con attezione cerca di non rimanere fuori dal business in crescita dei micropagamenti, ma anche di non vampirizzare il proprio potenziale ad alto valore. Per questo, pur lasciando liberi i fotografi di scegliere il costo delle loro immagini su SnapVillage, consente di farlo da 1 a 50 dollari. Teoricamente cosa impedirebbe di lasciarli liberi completamente? Se pensano di poter vendere a 500 dollari e ci riuscissero... sarebbe positivo per tutti no? (per il fotografo, ma anche per Corbis, ovviamente, che si prende il 70% del valore, come succede con quasi tutte le agenzie). Non lo fa, perché vuole separare bene una produzione (e un valore) di "serie A" da quello di "serie B", dove però il valore qualitativo dell'immagine forse non c'entra molto, ma c'entrano motivi di carattere più politico e strategico.

Mi è capitato di trovare fotografie meravigliose a 1 dollaro, e fotografie insulse a 500 dollari. Dov'è il punto di incontro di questa proposta? Non certo e non solo (sarebbe troppo facile) nel costo finale. La morale di questo discorso, che è lunghissimo e già ha superato la pazienza di molti, è: la strada di maggiore successo del mercato fotografico è rappresentato dalle soluzioni basate su micropagamenti. Per avere successo in questo settore bisogna avere a disposizione (e proporre) tante immagini, che siano facilmente vendibili perché fruibili ed usabili in tanti ambiti. Se seguiamo questa strada, forse non raggiungeremo i fatturati di Lise Gagné, ma avremo una base di entrate fisse senza sforzo (o con un piccolo sforzo) e forse (dico forse... e lo ribadisco) avremo più possibilità di produrre, per il nostro piacere e per la nostra vocazione, immagini di alto valore, potremo fare ricerca espressiva ed artistica, che potremo "permetterci" proprio perché l'affitto dello studio oppure le lezioni di danza di nostra figlia verranno pagate dal lavoro di routine, quello che chiede e compra (in tante unità, anche se pagate poco a singola unità) il mercato. C'è una cosa in più: come ha insegnato iTunes, se il mercato ha a disposizione una soluzione economica e flessibile, preferisce comprare invece che "rubare": una delle migliori difese contro la pirateria è offrire alternative credibili, che rendano più facile (e quindi anche più economiche, sembra assurdo: più "economiche" del furto) l'acquisto. Vendere a poco quello che prima forse ci rubavano è, anche questo, un vantaggio. Basta vendere tanto... e per farlo servono venditori (come iStockPhoto) in grado di catturare l'attenzione di milioni di utenti.

I migliori creativi, quelli che hanno poi magari avuto successo e hanno fatto tanti soldi con la fotografia sono stati quelli che potevano permettersi di proporre il proprio stile e le proprie scelte. Perché erano ricchi di famiglia e non avevano bisogno di soldi per vivere, oppure che facevano un doppio lavoro. Oppure perché erano visionari, e quindi lontani dagli schemi "pratici" della vita. Se non rientrate in questa categoria, forse il contenuto di questo Sunday Jumper potrebbe risultare un punto di partenza utile... o almeno speriamo. Che sia chiaro: noi stiamo dalla vostra parte, provochiamo e trattiamo temi antipatici per dare un contributo, per evitare il rischio che le evoluzioni si debbano subire e non controllare. Se Corbis, Getty e compagnia stanno cercando di controllare le rivoluzioni in atto, dovete farlo anche voi (noi).


Ci viene voglia di approfondire questo argomento (con relazioni, convegni...), ma ci domandiamo... interesserà davvero ai nostri lettori? Analisi di mercato, tendenze, interviste, schemi e metodi per vendere immagini in questa nuova era? Ci augureremmo di si, pensiamo che il mestiere del fotografo richieda questo tipo di analisi, ma forse ci sbagliamo. Bell'interrogativo, chissà se qualcuno ci aiuta a capirlo?

di Luca Pianigiani

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